In Giappone ho visto…

Shibuya Crossing_Giappone_Tulipando

Eh sì, sono stata in Giappone. Non pensavo che forse un giorno della mia vita mi sarei ritrovata a dire una cosa simile. Giappone? Un posto così lontano, geograficamente e concettualmente.

Cosa pensavo del Giappone prima di partire? Forse non ci pensavo affatto, forse non ne ero nemmeno particolarmente attratta: i manga non mi entusiasmano, i cartoni animati giapponesi non li guardavo mai, il sushi non è il mio cibo preferito e nemmeno sapevo precisamente se il Giappone fosse un impero o una repubblica. Ma ora posso dire di esserci stata.

Non so nemmeno dove cominciare nel raccontare che esperienza possa essere stata: un miscuglio di immagini e situazioni, di persone molto diverse fra loro e di odori.. perché ogni luogo in Giappone ha un suo odore, un buon odore!

Non so nemmeno quale possa essere la migliore maniera per raccontare ciò che ho visto, perché risulterebbe riduttivo: in Giappone i posti non li vedi, li vivi! Un giardino non è solo fatto di alberi coi rami lunghi e di prati verdi, ma è fatto di persone, di visi, di sospiri e di pensieri. Che ti trovi in un giardino nel cuore di Tokyo o in un paesino sperduto, la mente vaga e raggiunge punti sconfinati del pensiero. Molto strano.

Ma cosa ho visto in Giappone?

Ho visto treni che spaccano il minuto e banchine con percorsi pedonali arancio fosforescente dai quali è meglio non uscire per non venire travolti. Ho visto anche addetti che, sacchetto aperto alla mano, aspettano i passeggeri uscire dal treno per raccogliere la loro spazzatura!

 

Ho visto tassisti coi guanti bianchi e con le portiere che si aprono da sole. Si sa, il cliente occidentale potrebbe contagiarli con i suoi soldi sporchi.

 

Ho visto la stazione metropolitana più grande del mondo, Shinjuku Station a Tokyo. Un impero sotterraneo di locali, sushibar, negozi di cianfrusaglie e di vestiti di grandi marche. Scale mobili a destra e a sinistra, claustrofobico anche per uno che non ne soffre. Nessuno ti invita a dare un’occhiata ai propri prodotti, se hai voglia ci guardi, sennò prosegui per la tua strada. Rispettano il tuo tempo e il tuo desiderio, non conoscono l’invasività.

 

Ho visto, a poche centinata di metri dalla stazione più grande del mondo, Shinjuku Gyoen, un parco cittadino dove mi sono dimenticata chi ero e andavo alla ricerca di chi sarò. Questo enorme giardino, così perfetto che ti fa perdere il senso dell’orientamento, o forse era solo un effetto placebo?

 

Ho visto water con la tavoletta riscaldata e una serie di bottoni. Un bottone per tirare lo sciacquone, uno per uno spruzzo d’acqua fresca, uno per il bidet e uno per un suono di acqua che sgorga per stimolare la pipì.

 

Ho visto qualche senzatetto con borse e scatoloni ben organizzati, impilati e tenuti insieme con una corda ben salda, seduti su una comoda sediolina a meditare sulla vita in un angolo della strada. Educati e sorridenti.

 

Ho visto spazi sconfinati completamente pieni di macchinette pesca pupazzi. Non una posizionata all’ingresso di un centro commerciale, ma un labirinto di macchinette con una varietà di pupazzi che nemmeno nei migliori negozi di giocattoli in Europa. E di fianco? Uno spazio sconfinato di photo booth! Non una celletta per farsi le foto tessere dell’ultimo minuto, ma un labirinto di cellette rosa fluo glitterate con decine di ragazzine truccate che a suon di versi e boccacce, si ritraevano in gruppo e applicavano ogni sorta di disegnino e decorazione sulle foto prima della stampa.

 

Ho visto fiumi di biglietti da visita e mani che porgevano il proprio biglietto come fosse una pietra preziosa, accingendosi poi a ricevere il mio come fosse oro. Peccato che fosse scritto solo in giapponese e che l’unica cosa che capivo era un arrancato “Senk’iu”. Non importa se poi non ci sia un seguito professionale, l’importante è che sia avvenuto il rito del bigliettino.

 

Ho visto la Maratona di Tokyo. Ammetto, non sapevo che fosse un evento così esclusivo e centrale nella storia della città, ma è stato il numero di volontari coinvolti che me ne ha fatto comprendere l’importanza. Ho visto il cheering team, un gruppo di ragazzini avvolti in k-way giallo fluo e il kit del volontario pronto nello zainetto sulle spalle. Il loro compito era quello di congratularsi e gioire all’arrivo di ogni atleta sul finire della corsa. Urla di gioia e giubilo, applausi e batticinque. Chi partecipa alla maratona è un eroe a prescindere, o siamo semplicemente in un cartone animato?

 

Ho visto un terzo dei giapponesi girare per strada, in metro, nei locali, sull’aereo con la mascherina. Non hanno certo paura dell’inquinamento. Pare temano per la loro salute! E così preferiscono indossare un’asettica mascherina bianca tenendo nascosto parzialmente il viso, piuttosto che essere attaccati dai batteri del resto della popolazione. Eccesso di prudenza o segreto di longevità?

 

Ho visto un mercatino delle pulci a Tokyo. Acquirenti che scavano negli scatoloni alla ricerca della coppia di quel bellissimo vasetto di ceramica color pesca: ce ne deve essere uno uguale, deve aver detto il proprietario di tutta quella roba. Sempre lì, ho visto due hipster che hanno appena scoperto di esserlo: giacchetta vintage con una scritta americana, fa figo! E con dei Rayban taroccati agli occhi, ancora di più! Sempre lì, ho visto una ragazza con un lemure al guinzaglio, un lemure!!

 

E ancora… ho visto villaggi di montagna millenari, ho partecipato ad una cerimonia del tè e ad una degustazione di saké, ho assaggiato pesci di dubbia entità, ho imparato il ballo delle mondine del riso giapponese, ho passeggiato nel quartiere delle geishe, ho ricevuto il mio primo kit di calligrafia giapponese, ho ordinato del cibo ad uno squallido fast food con l’i-pad e ho tenuto una lezione a 25 giapponesi che annuivano e forse (non) capivano.. Ma queste sono altre storie!

Alla prossima storia!

#tulipandoinjapan

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Tokyo Station_Giappone_Tulipando
Tokyo Shinjuku Gyoen_Giappone_Tulipando
Tokyo Shinjuku_Giappone_Tulipando
Tokyo Station 2_Giappone_Tulipando
Tokyo Flea Market_Giappone_Tulipando

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